Cosa è l'haiku?
E una forma poetica creata in Giappone nel XVII secolo che ha il compito di esprimere un messaggio sintetico e conciso nello spazio di sole diciassette sillabe.
E’ una poesia dai toni semplici, senza alcun titolo, che elimina fronzoli lessicali e congiunzioni, e trae la sua forza dalle suggestioni della natura e delle stagioni:
La composizione, a causa della brevità del componimento,l richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine.
I soggetti sono scene rapide ed intense che rappresentano appunto, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell'animo del poeta. L'ultimo verso è, tradizionalmente, il cosiddetto riferimento stagionale, cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell'anno in cui viene composta o al quale è dedicata.
E’ un componimento senza nessi evidenti tra i versi e per questa ragionei lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, quasi come una traccia che sta al lettore completare.
In Giappone si calcola che più di dieci milioni di persone (circa il 10% della popolazione) si dilettino a scrivere haiku. I gruppi di poeti che si riuniscono per parlare di haiku si chiamano haijin.
Alcuni componimenti :
Il sole declina
La pioggia inumidisce
I campi di canapa
Il silenzio
Penetra nella roccia
Un canto di cicale
il primo di Masaoka ed il secondo è di Bashò entrambi famosi autori nipponici di haikù.
" I metalli si riconoscono dal suono e gli uomini dalle parole"
martedì 30 novembre 2010
lunedì 29 novembre 2010
"Facite ammuina"
Molto diffuso è il modo di dire napoletano “ Facite ammuina”
Vediamone anzitutto l’origine e per questo motivo riportiamo il testo di un comando contenuto nel regolamento da impiegare a bordo dei legni e dei bastimenti della Marina del Regno delle Due Sicilie del 1841.
Sembrerebbe un palese falso storico in quanto gli storici riportano che la marina borbonica fosse invece molto efficiente
Si tratterebbe quindi di uno dei tanti aneddoti denigratori sulle forze armate borboniche definite come l'esercito di Franceschiello e confezionati a fine propagandistico dai piemontesi per screditare il Regno delle due Sicilie e la dinastia dei Borbone..
Di questo falso passo del regolamento in questione esistono copie, vendute ai turisti nei mercatini di Napoli anche oggi, che riportano a firma quelle dell'Ammiraglio Giuseppe di Brocchitto e del "Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina" Mario Giuseppe Bigiarelli.
Il facite ammuina non nascerebbe affatto da un regolamento della marina borbonica, ma trarrebbe origine da un fatto storico realmente accaduto
.Un ufficiale napoletano, Federico Cafiero (1807 - 1889), passato dalla parte dei piemontesi già durante l'invasione del Regno delle due Sicilie venne sorpreso a dormire a bordo della sua nave insieme al suo equipaggio e messo agli arresti da un ammiraglio piemontese, in quanto responsabile dell'indisciplina a bordo. Una volta scontata la pena, l'indisciplinato ufficiale venne rimesso al comando della sua nave dove pensò bene di istruire il proprio equipaggio a "fare ammuina" (ovvero il maggior rumore e confusione possibile) nel caso in cui si fosse ripresentato un ufficiale superiore, con lo scopo di essere avvertito e contemporaneamente di dimostrare l'operosità dell'equipaggio.
E’ dunque un modo di dire molto divertente,molto diffuso anche nel linguaggio comune per dimostrare la massima confusione organizzativa contrabbandata per efficiente ed operosità.
Vediamone anzitutto l’origine e per questo motivo riportiamo il testo di un comando contenuto nel regolamento da impiegare a bordo dei legni e dei bastimenti della Marina del Regno delle Due Sicilie del 1841.
napoletano « All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa e chilli che stann' a poppa vann' a prora: chilli che stann' a dritta vann' a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta: tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' bascio passann' tutti p'o stesso pertuso: chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à". N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno. » | italiano « All'ordine Facite Ammuina, tutti coloro che stanno a prua vadano a poppa e quelli a poppa vadano a prua; quelli a destra vadano a sinistra e quelli a sinistra vadano a destra; tutti quelli in sottocoperta salgano, e quelli sul ponte scendano, passando tutti per lo stesso boccaporto (buco); chi non ha niente da fare, si dia da fare qua e là. |
Sembrerebbe un palese falso storico in quanto gli storici riportano che la marina borbonica fosse invece molto efficiente
Si tratterebbe quindi di uno dei tanti aneddoti denigratori sulle forze armate borboniche definite come l'esercito di Franceschiello e confezionati a fine propagandistico dai piemontesi per screditare il Regno delle due Sicilie e la dinastia dei Borbone..
Di questo falso passo del regolamento in questione esistono copie, vendute ai turisti nei mercatini di Napoli anche oggi, che riportano a firma quelle dell'Ammiraglio Giuseppe di Brocchitto e del "Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina" Mario Giuseppe Bigiarelli.
Il facite ammuina non nascerebbe affatto da un regolamento della marina borbonica, ma trarrebbe origine da un fatto storico realmente accaduto
.Un ufficiale napoletano, Federico Cafiero (1807 - 1889), passato dalla parte dei piemontesi già durante l'invasione del Regno delle due Sicilie venne sorpreso a dormire a bordo della sua nave insieme al suo equipaggio e messo agli arresti da un ammiraglio piemontese, in quanto responsabile dell'indisciplina a bordo. Una volta scontata la pena, l'indisciplinato ufficiale venne rimesso al comando della sua nave dove pensò bene di istruire il proprio equipaggio a "fare ammuina" (ovvero il maggior rumore e confusione possibile) nel caso in cui si fosse ripresentato un ufficiale superiore, con lo scopo di essere avvertito e contemporaneamente di dimostrare l'operosità dell'equipaggio.
E’ dunque un modo di dire molto divertente,molto diffuso anche nel linguaggio comune per dimostrare la massima confusione organizzativa contrabbandata per efficiente ed operosità.
sabato 27 novembre 2010
La Cabala nella storia
La cabala o quabbalah nella sua accezione originale, è l’aspetto mistico della religione ebraica.
Nel tempo purtroppo la parola cabala ha assunto il significato di imbroglio ed a Napoli significa smorfa od anche il gioco del lotto.
Il movimento mistico ebraico assume il nome di cabala intorno al 1200, ma le sue origini sono senz’altro più antiche La prima via di carattere conoscitiva, cosmico è fondata sulla lettura del libro del Genesi, il libro della creazione per antonomasia.
La seconda via è di carattere più mistico ed interiore ed è fondata sulla del primo capitolo del libro del profeta Ezechiele.
La Cabala nel corso dei secoli si è diffusa largamente in Europa. In Francia un importante centro è la Provenza, mentre in Italia sono le Puglie.
La cabala nella tradizione occidentale è ben diversa da quella ebraica e rappresenta invece il punto di incontro principe per tutti i pezzi dell'esperienza esoterica, magia, gnosi, orfismo. Prende spunto dall'approccio mistico della cabala ebraica ma esce dai confini principalmente religiosi di quell'esperienza.
Non si può stabilire un punto di inizio storico per questa forma di misticismo, poiché possiamo rintracciare continui contatti fra il mondo mistico ebraico e le altre culture esoteriche.
La Cabala ha influenza anche ulla cultura. Basti pensare al romanzo Il Golem di Gustav Meyrink che contiene numerosi riferimenti a tradizioni cabalistiche, in particolare al mito della creazione di un essere d'argilla (come fece Dio con Adamo)al quale, secondo una leggenda risalente al Medioevo può essere conferita la vita scrivendogli sulla fronte la parola ebraica emeth (verità), mentre per toglierli la vita è sufficiente cancellare la e iniziale, in modo che rimanga meth (morte).
venerdì 26 novembre 2010
Il labirinto:simbolo e storia
E’ solitamente di vaste dimensioni, costruito in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare l'uscita.Il labirinto nel linguaggio comune altro non è che un rompicapo.Si può definire anche come un tracciato inestricabile di strade, cioè come un dedalo (termine chiaramente nato dalla figura del mitico Dedalo, il leggendario costruttore del labirinto di Creta per il re Minosse il più noto tra quelli dell'antichità). Lo storico latino Plinio, nella sua Naturalis historia cita quattro labirinti: il labirinto di Cnosso a Creta, il labirinto di Lemno in Grecia, il labirinto di Meride in Egitto e il labirinto di Porsenna in Italia.
Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo, un tracciato a forma di labirinto (sempre unicursale) iniziò a essere raffigurato nella pavimentazione interna delle cattedrali gotiche, come nel caso del duomo di Siena e delle cattedrali di Chartres, Reims e Amiens in Francia. Questi labirinti rappresentano il cammino simbolico dell'uomo verso Dio, e spesso il centro del labirinto rappresentava la "città di Dio". La funzione del labirinto è quella di essere un simbolo del pellegrinaggio, o del cammino di espiazione: spesso veniva percorso durante la preghiera, e aveva la validità di un pellegrinaggio per chi non poteva intraprendere un vero viaggio. Con il passare del tempo, questa originale funzione andò perduta, e il labirinto sulla pavimentazione iniziò a essere visto sempre più spesso come "un gioco senza senso, una perdita di tempo
Il tema del labirinto è importante anche dal punto di vista culturale, Basi pensare allo scrittore argentino Jorge Luis Borges che dedica molte novelle al tema del labirinto che rappresenta il simbolo della imperscrutabilità del disegno divino nella creazione dell’universo.
martedì 23 novembre 2010
Le palle dei Medici
Le palle sono l’emblema dei Medici.
In origine, l'arma della famiglia de' Medici mostrava sei palle rosse in campo oro (anche se, almeno fino a tutto il XV secolo vennero realizzate varianti dello scudo che presentavano fino a undici palle, variamente disposte).
le motivazioni sono molto complesse e controverse in quanto le origini di tale stemma sono dubbie: secondo una leggenda piuttosto tarda, attestata per la prima volta in un'opera manoscritta di carattere encomiastico attribuita a Cosimo Baroncelli, famigliare di Giovanni de' Medici, le palle sarebbero le impronte della clava dal gigante Mugello lasciate sullo scudo dorato del mitico progenitore del casato, Averardo, giunto in Toscana al seguito di Carlo Magno.
Secondo altre ipotesi, ritenute piuttosto improbabili, le palle medicee potrebbero essere pillole medicinali e andrebbero riferite al nome della famiglia, o arance amare che alluderebbero ai commerci dei Medici con l'OrienteNon è da escludere che esse derivino dalle borchie che fissavano, ad esempio, gli attacchi dell'imbracciatura dello scudo, colorate così da farne degli elementi decorativi.
Re Luigi XI di Francia, con un decreto emanato a Montlucon nel maggio del 1465, concesse a Piero il Gottoso e ai suoi eredi e successori legittimi lo stemma costituito da cinque palle smaltate di rosso più una più grossa armeggiata di Francia.
Insomma i Medici avevano.....le palle!
domenica 21 novembre 2010
Parigi val bene una messa
La frase Parigi val bene una messa fu pronunciata da Enrico IV figlio di Antonio di Borbone e della regina Giovanna di Navarra.
Erico IV eredita nel 1572 la corona di Navarra diventando Enrico III di Navarra.
Divenne in seguito nel 1589 Re di Francia, essendo così il primo monarca del ramo Borbone a prendere il trono di Francia. A questo punto però divenne necessario per Enrico IV, che era ugonotto, convertirsi al cattolicesimo A questo sovrano è stata attribuita la frase, che sarebbe stata pronunciata al momento in cui, offertogli il trono come successore legittimo, gli fu fatto notare che l'essere cattolico era una condizione sine qua non per diventare re di Francia.
La frase è rimasta come modo di dire popolare per indicare un sacrificio “morale” che si deve compiere per arrivare ad uno scopo prefissato; Dire " Parigi val bene una messa" significa dunque che il sacrificio da fare per ottenere quello che desideriamo è un sacrifico possibile anche se moralmente disdicevole (ovvero abiurare una religione per impadronirsi del trono) ma vale la pena di farlo vista l’importanza personale dello scopo prefisso; diciamo che ogni remora morale cade a fronte di una convenienza personale di una certa consistenza.
giovedì 18 novembre 2010
La Fata Morgana
Vediamone l'intreccio.
La fata Morgana, conosciuta anche come Morgane e altre varianti, è una popolare strega della mitologia celtica e delle leggende.
Nella tradizione del ciclo arturiano, Morgana era la figlia della madre di Artù, Lady Igraine, e del suo primo marito, Gorlois, duca di Cornovaglia; Artù dunque era dunque suo fratellastro.
Nella fisica La Fata Morgana, è un fenomeno ottico in cui l'immagine apparente muta velocemente forma;
Per spiegare tale fenomeno è sufficiente immaginare che la luce proveniente da un punto viene per certi versi "spalmata" in verticale, gli oggetti in lontananza assumono le sembianze di torri, pinnacoli, obelischi. Il fenomeno della Fata Morgana può verificarsi con differente intensità; in certi casi dalla costa Calabra si può vedere la Sicilia più vicina del normale con immagini distorte e riflesse sul mare o sul suolo; La distanza sembra essere di poche centinaia di metri e si ha l'impressione di osservare nello Stretto una città irreale che si modifica e svanisce in brevissimo tempo; talvolta si possono per poco tempo distinguere le case, le auto e addirittura le persone.
Tale fenomeno è visibile, per le particolari condizioni di luce, al mattino. Il tutto avviene quando sulla superficie del mare, minuscole goccioline di acqua rarefatta fanno da lente di ingrandimento.
Ma qual è la leggenda?
La leggenda correlata narra che in tutta l'area dello Stretto durante le invasioni barbariche in agosto, mentre il cielo e il mare erano senza un alito di vento, e una leggera nebbiolina velava l'orizzonte, un'orda di conquistatori dopo avere attraversato tutta la penisola giunse alle rive della città di Reggio e si trovò davanti allo stretto che divide la Calabria dalla Sicilia,
A pochi chilometri sull'altra sponda sorgeva un'isola - la Sicilia - con un gran monte fumante - l'Etna - ed il Re barbaro si domandava come fare a raggiungerla trovandosi sprovvisto di imbarcazioni, quindi impotente davanti al mare. All'improvviso apparve una donna molto bella, che offrì l'isola al conquistatore, e con un cenno la fece apparire a due passi da lui. Guardando nell'acqua egli vedeva nitidi i monti, le spiagge, le vie di campagna e le navi nel porto come se potesse toccarli con le mani. il Re barbaro balzò giù da cavallo e si gettò in acqua, ma l'incanto si ruppe e il Re affogò miseramente. Tutto infatti era un miraggio, un gioco.
martedì 16 novembre 2010
L'apoftegma
Cosa è l’apoftegma?
E’ indubbiamente una parola difficile di origine greca che tradotto significa letteralmente l’enunciare un risposta o una sentenza in forma definitiva.
La parola, quindi, assume il significato di "detto", "sentenza", "massima" e si usa per una frase o sentenza di tipo aforistico, cioè che reca in estrema sintesi una verità profonda ed al contempo stringente.
L’apoftegma non è diverso dall’aneddoto, dalla sentenza e dal proverbio, ma è anche difforme da loro.
Come l'aneddoto l'apoftegma fa riferimento ad una precisa situazione storica, ed ha come protagonisti delle persone reali; ma mentre l’aneddoto di solito ha un carattere esemplificativo o comunque marginale rispetto al contesto, talora quasi di curiosità, un apoftegma è sempre interamente autoconclusivo, ed ha una rilevanza per sè.
L'apoftegma è dunque una sentenza ma è tuttavia una particolare sentenza enunciata dal protagonista "in risposta" ad un altrui discorso, o affermazione, o domanda, oppure come chiosa che racchiuda compiutamente un dato evento.
A differenza del proverbio, l’apoftegma non esprime una precisa volontà a priori di esprimere una considerazione o verità di carattere universale, sebbene da questo punto di vista un apoftegma possa sovente risultare effettivamente "proverbiale".
Come l'aneddoto l'apoftegma fa riferimento ad una precisa situazione storica, ed ha come protagonisti delle persone reali; ma mentre l’aneddoto di solito ha un carattere esemplificativo o comunque marginale rispetto al contesto, talora quasi di curiosità, un apoftegma è sempre interamente autoconclusivo, ed ha una rilevanza per sè.
L'apoftegma è dunque una sentenza ma è tuttavia una particolare sentenza enunciata dal protagonista "in risposta" ad un altrui discorso, o affermazione, o domanda, oppure come chiosa che racchiuda compiutamente un dato evento.
A differenza del proverbio, l’apoftegma non esprime una precisa volontà a priori di esprimere una considerazione o verità di carattere universale, sebbene da questo punto di vista un apoftegma possa sovente risultare effettivamente "proverbiale".
Vi è una vasta letteratura sugli apoftegmi,
La Bibbia è ricca di libri apoftegmatici, come quello dei proverbi. Celebri sono anche, per esempio, gli apoftegmi dei Padri nel deserto raccolti in due grandi collezioni, quella alfabetica (cioè secondo l'ordine alfabetico dei monaci cui sono attribuiti i detti e i racconti memorabili) e quella sistematica (cioè per temi). Anche il monachsimo è ricco di annotazioni pittoresche riconducibili all’poftegma.-Sono celebri anche gli apoftegmi di Plutarco sulla storia di Sparta.
Esistono inoltre intere letterature e filosofie in stile apoftegmatico, pur con l'aspetto esteriore del saggio: Basti citare Montaigne e Così parlo Zarrraaathustra di Nietzsche"
domenica 14 novembre 2010
Il mito delle Muse

Ma chi sono le Muse?. Sono 9 sorelle giovani e bellissime, figlie di Zeus e di Mnemosine o Memoria, o, secondo un'altra versione, di Gea (Terra) e Urano (Cielo). L'importanza delle muse nella mitologia antica era assai elevata: esse infatti rappresentavano l'ideale supremo dell'Arte, di cui erano anche patrone.
Le Muse di cui parla nelle Teogonie il grande Esiodo e che sono state oggetto di rapprentazione dell’arte di tutti i secolo sono:
Calliope,che ha bella voce e che rappresenta, la Poesia epica, con una tavoletta ed un libro;
Erato, che provoca desiderio, e rappresentativa della Poesia amorosa, con la lira;
Euterpe, colei che rallegra, la Poesia lirica, con un flauto; ed è quindi musa della musica
Polimnia, rappresentativa del mimo
Urania, la celeste, l'Astronomia, con un bastone puntato al cielo.
venerdì 12 novembre 2010
Le colonne d'Ercole e l'Atlantide
Le Colonne d'Ercole indicano il limite estremo del mondo conosciuto ed esprimono non solo un concetto geografico, ma soprattutto il limite della conoscenza.
Geograficamente sono identificate con la Rocca di Gibilterra e il Jebel Musa che sorgono rispettivamente sulla costa europea e quella africana e che una volta erano chiamate Calpe e Abila.
Lo stretto di Gibilterra rappresenta dunque il confine nec plus ultra (lett. "non più avanti") scelto da Eracle che secondo la mitologia, in una delle sue dodici fatiche, giunse sui monti Calpe ed Abila considerati i limiti estremi del mondo, oltre i quali era vietato il passaggio a tutti i mortali.
Le colonne d’Ercole rappresentano dunque una frontiera delimitante il mondo conosciuto,oltre il quale vi è sempre tuttavia la speranza di trovare terre migliori, più ricche.
Platone vi colloca Atlantide la mitica isola ricca di argento e di metalli, potenza navale che, secondo la leggenda sarebbe stata sommersa dalle acque in un giorno e una notte 9000 anni prima che venisse raccontata da Platone (427-347 a.C.),
Cristoforo Colombo cerca oltre le Colonne la rotta per le Indie. Dante invece pone a cinque mesi di navigazione oltre le Colonne il monte del Purgatorio che Ulisse riesce a vedere prima di esser travolto da un'onda.
martedì 9 novembre 2010
Il simbolo del papavero

Secondo un’antica leggenda l’ultimo re di Roma Tarquinio il superbo per far vedere al figlio il metodo migliore per impossessarsi della città di Gabi fece buttare giù con un bastone i papaveri più alti del suo giardino.
Ciò stava a significare che si dovevano prima distruggere le più alte cariche, le persone più importanti ed autorevoli.
Il papavero quindi è associato al simbolo del potere e non è un caso che si parla di “ grossi papaveri” per indicare il simbolo del potere.
Una volta il fiore di papavero veniva anche usato per rappresentare la fedeltà: si prendeva un suo petale e si posava sul palmo della mano e si colpiva con un pugno, se si sentiva un rumore come di schiocco voleva dire che l'amato/a era fedele.
Una volta il fiore di papavero veniva anche usato per rappresentare la fedeltà: si prendeva un suo petale e si posava sul palmo della mano e si colpiva con un pugno, se si sentiva un rumore come di schiocco voleva dire che l'amato/a era fedele.
Un’altra tradizione vuole che fosse considerato il simbolo del sonno: il dio Morfeo veniva infatti rappresentato con un grande fascio di papaveri tra le braccia.
Secondo lo scrittore e poeta John Ruskin,a causa del suo colore rosso non è possibile immaginare un tipo di fiore più completo, più genuino e assolutamente puro; dentro e fuori tutto fiore. Nessuna limitazione di colore dappertutto, nessuna esteriore volgarità, nessun segreto interiore; aperto al sole che l'ha creato, finemente rifinito sopra e sotto, fin giù al più estremo punto di innesto".
lunedì 8 novembre 2010
Il Golem: prototipo del robot

Il Golem era dotato di una straordinaria forza e resistenza ed eseguiva alla lettera gli ordini del suo creatore di cui diventava una specie di schiavo, tuttavia era incapace di pensare, di parlare e di provare qualsiasi tipo di emozione perché era privo di un'anima e nessuna magia fatta dall'uomo sarebbe stata in grado di fornirgliela.
Molte sono le narrazioni sul Golem e la sua origine; la più famosa èquella che riconduce a Praga.
Si narra che nel XVI secolo un mago europeo, un rabbinol di Praga cominciasse a creare golem per sfruttarli come suoi servi, plasmandoli nell'argilla e risvegliandoli scrivendo sulla loro fronte la parola "verità". C'era però un inconveniente: i golem così creati diventavano sempre più grandi, finché era impossibile servirsene: il mago decideva di tanto in tanto di disfarsi dei golem più grandi, trasformando la parola sulla loro fronte in "morte" ; ma un giorno perse il controllo di un gigante, che cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava.
Ripreso il controllo della situazione, il mago decise di smettere di servirsi dei golem che nascose nella soffitta della Sinagoga Staronova, nel cuore del vecchio quartiere ebraico, dove, secondo la leggenda, si troverebbero ancora oggi.
Insomma il Golem anche se leggendario a buona ragione puà definirsi il prototipo del robot.
domenica 7 novembre 2010
La Papessa Giovanna
Chi è la papessa Giovanna.
E' un leggendario papa donna che avrebbe regnato sulla Chiesa dall'853 all'855
Con molta certezza è uuna leggenda medioevale, probabilmente originata nel mondo ortodosso antipapale, che ottenne in Occidente un qualche grado di credibilità.
Secondo la narrazione del 1240 a cura di Giovanni Metz,era una donna inglese, educata a Magonza e vestita in abiti maschilii che, a causa della natura convincente del suo travestimento, divenne un monaco con il nome di Johannes Anglicus. Venne eletta dopo la morte di papa Leone IV in un'epoca in cui l'elezione del papa avveniva in modo fortuito, prendendo il nome di Giovanni VIII.
La papessa non praticava l'astinenza sessuale e rimase incinta di uno dei suoi tanti amanti. Durante la solenne processione di pasqua nella quale il Papa tornava al Laterano, quando il Corteo Papale era nei pressi della basilica di San Clemente, la folla entusiasta si strinse attorno al cavallo che portava il Pontefice. Il cavallo reagì, quasi provocando un incidente. Il trauma dell'esperienza portò "papa Giovanni" a un violento parto prematuro.
Scopertone il segreto, la papessa Giovanna venne fatta trascinare per i piedi da un cavallo, attraverso le strade di Roma e fu lapidata a morte dalla folla inferocita nei pressi di Ripa Grande.
.
In altre versioni della leggenda la papessa Giovanna sarebbe morta subito al momento del parto - oppure, una volta scoperta, rinchiusa in un convento.
E' un leggendario papa donna che avrebbe regnato sulla Chiesa dall'853 all'855
Con molta certezza è uuna leggenda medioevale, probabilmente originata nel mondo ortodosso antipapale, che ottenne in Occidente un qualche grado di credibilità.

La papessa non praticava l'astinenza sessuale e rimase incinta di uno dei suoi tanti amanti. Durante la solenne processione di pasqua nella quale il Papa tornava al Laterano, quando il Corteo Papale era nei pressi della basilica di San Clemente, la folla entusiasta si strinse attorno al cavallo che portava il Pontefice. Il cavallo reagì, quasi provocando un incidente. Il trauma dell'esperienza portò "papa Giovanni" a un violento parto prematuro.
Scopertone il segreto, la papessa Giovanna venne fatta trascinare per i piedi da un cavallo, attraverso le strade di Roma e fu lapidata a morte dalla folla inferocita nei pressi di Ripa Grande.
.
In altre versioni della leggenda la papessa Giovanna sarebbe morta subito al momento del parto - oppure, una volta scoperta, rinchiusa in un convento.
venerdì 5 novembre 2010
fare l’ indiano!
Significa fingere di non capire, di non interessarsi a qualcosa, evidentemente perché la finzione torna comoda.
Nel linguaggio comune, la locuzione " fare l'indiano" indica l'atteggiamento di chi, per proprio comodo, finge di non sentire quello che gli viene detto, o di non capire, non sapere o non interessarsi a qualcosa.
L'espressione fa riferimento allo stereotipo del nativo americano ("indiano" delle Indie occidentali, che avrebbe, nell'immaginazione popolare, un atteggiamento generale di indifferenza e apatia, come chi non capisce quello che sta accadendo o che gli viene detto.
Altre locuzioni con lo stesso significato sono per esempio: fare lo gnorri o fare il nesci nel senso di non capire
La parola gnorri deriva dalla seconda persona dell'indicativo presente di ignorare (tu ignori) con la caduta della vocale iniziale e il raddoppiamento espressivo della r.
Un'altra ipotesi la fa derivare dall'aggettivo toscano gnoro, nel senso di ignorare, con la i finale tipica dei cognomi.
Un'altra ipotesi la fa derivare dall'aggettivo toscano gnoro, nel senso di ignorare, con la i finale tipica dei cognomi.
Altro sinonimo è fare orecchi da mercante che significa fingere di non capire non è affatto un modo di dire offensivo, ma certamente ironico allusivo della capacità dei mercanti di ignorare le offerte di chi compra o vende, per alzarle od abbassarle secondo il proprio tornaconto.
Le traduzioni di queste locuzioni nelle altre lingue ovviamente sono difficili perchè tipiche e peculiari della lingua italiana.
martedì 2 novembre 2010
Il calendario: origine e storia

Il giorno corrisponde alla rotazione terrestre sul proprio asse; il mese corrisponde ad unnumero di giorni non molto diverso dal periodo di lunazione (29 giorni e mezzo); l'anno corrisonde al tempo di rivoluzione della terra intorno al sole
I calendari possono essere lunari (musulmano) semilunare (ebraico) e solare che è alla base sei calendari giuliano e gregoriano.
Il calendario giuliano venne introdotto nel 46 a.c. da Giulio Cesare su consiglio dell'astronomo Sosigene ed introduce un anno bisestile di 366 giorni ogni tre anni; in tal modo l'anno risulta mediamente di365,25 giorni. In tal modo tuttavia si accumula negli anni un ritardo nella datazione.
Quando si parla di calendario giuliano non si può prescindere dalla figura di Dionigi il piccolo che fu un dotto monaco originario della Scizia, che visse a Roma tra la fine del V e linizio del VI secolo..
È famoso per avere calcolato la data di nascita di Gesù, collocandola nell'anno 753 dalla fondazione di Roma e per avere introdotto l'usanza di contare gli anni a partire da tale data (anno Domini. Così, essendo il fondatore dell'era cristiana, Dionigi è considerato anche il fondatore della cronologia storica generale.
Nel 1582 papa Gregorio XIII introduce l’ultima riforma che interessa il nostro calendario. Egli modifica il conteggio degli anni facendo sì che gli anni multipli di 100 fossero bisestili solo se divisibili per quattrocento. Dunque gli anni 1800, 1900 e 2100 sebbene divisibile per quattro non sono bisestili, mentre lo è il 2000. Con questo sistema la durata dell’anno civile medio è di 365,2425 giorni, con uno scarto i soli 0,0003 giorni (Ciò significa che le stagioni si spostano di 3 giorni ogni 10000 anni) che è la migliore approssimazione a cui il nostro calendario è giunto. Inoltre, per far sì che l’equinozio di primavera fosse di nuovo il 21 Marzo, papa Gregorio abolì per il 1582 i giorni dal 5 al 14 d’ottobre facendo sì che al 4 d’ottobre 1582 seguisse istantaneamente il 15 ottobre. Questo è il calendario correntemente in uso.
Siccome tale riforma è avvenuta dopo la scissione della chiesa ortodossa, non tutte le popolazioni hanno assunto questo tipo di calendario, alcuni paesi asiatici ad esempio lo hanno accettato solo di recente (ventesimo secolo).
lunedì 1 novembre 2010
Cosa è il Gotha?
Oggi si usa frequentemente il termine Gotha per indicare il meglio l’elite di un particolare settore di attività quali la finanza, il cinema, l’industria.
Ma qual è l’origine?
Gotha in francese Almanach de Gotha ed in tedesco Gothaischer Hofkalender ha origine come almanacco genealogico delle case regnanti e delle più importanti famiglie aristocratiche d'Europa pubblicato a cavallo di duecento anni dal 1763 al 1944. In seguito vennero considerati anche ordini cavallereschi e in tempi recenti si sono aggiunti anche dati e particolari statistici su tutti i Paesi del mondo.
Il nome in particolare deriva dalla città tedesca di Gotha, in Turingia, dove veniva pubblicato. Essere inseriti al suo interno significava avere un grande prestigio. Il termine Gota deriverebbe, secondo il dato tradizionale, infatti da Gabata, Gavata, dal provenzale Gauta, una sorta di scodella, di coppa, chiaro riferimento al mito del Graal.
E' indubbiamente un termine che fa effetto e compendia modi dire simili, ma molto meno sintetici.
Ma qual è l’origine?
Gotha in francese Almanach de Gotha ed in tedesco Gothaischer Hofkalender ha origine come almanacco genealogico delle case regnanti e delle più importanti famiglie aristocratiche d'Europa pubblicato a cavallo di duecento anni dal 1763 al 1944. In seguito vennero considerati anche ordini cavallereschi e in tempi recenti si sono aggiunti anche dati e particolari statistici su tutti i Paesi del mondo.
Il nome in particolare deriva dalla città tedesca di Gotha, in Turingia, dove veniva pubblicato. Essere inseriti al suo interno significava avere un grande prestigio. Il termine Gota deriverebbe, secondo il dato tradizionale, infatti da Gabata, Gavata, dal provenzale Gauta, una sorta di scodella, di coppa, chiaro riferimento al mito del Graal.
E' indubbiamente un termine che fa effetto e compendia modi dire simili, ma molto meno sintetici.
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